Giochi olimpici, via di pace per ogni tempo

Il vessillo in cui si riconoscono gli uomini di tutto il pianeta senza distinzioni è la Bandiera Olimpica. I 5 Cerchi su sfondo bianco sono un super valore utile a promuovere la pace nel modo e la convivenza fra popoli. Questa bandiera è simbolo dell’ «Ekecheiria», la  Pace Olimpica.

Giochi olimpici

Un po’ di storia

La mitologia narra che Ifito, re dell’Elide nel VIII secolo a.C., per rendere ancora più solenne la manifestazione olimpica, impose per la prima volta l’ekecheiria al fine di agevolare l’arrivo degli atleti e degli spettatori. La «pace olimpica» consisteva nell’astensione dall’alzare le mani (Goulionis 2004).  La filologia classica definisce il vocabolo greco con il termine di tregua sacra. I suoi elementi costitutivi erano un vero e proprio marchio di fabbrica delle Olimpiadi esteso a tutta la Grecia. In diversi casi la letteratura testimonia situazioni in cui la tregua non venne rispettata: dalla battaglia di Salamina, alla soppressione della rivolta messenica nel corso della XXVIII Olimpiade (Zucconi 2015). Il rispetto della pace olimpica è il primo fra i valori dei Giochi. Nel secondo dopoguerra la lotta per il controllo del mondo da parte delle super potenze si alterna fra alti e bassi con punte drammatiche come la guerra di Corea e la guerra del Vietnam. Gli anni cinquanta vivono gravi tensioni sociali, la guerra fredda si chiude con il crollo del muro di Berlino del 1989. Lo spirito dei Giochi in quel periodo era stato messo a dura prova, ma grazie alle sue profonde radici e al rispetto della tregua olimpica è riuscito a superare le diverse contingenze della storia.

Un incontro importante

Il 4 maggio 2001 all’Aeropago di Atene avvenne lo storico incontro fra la Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica. In quella occasione sia il Papa Giovanni Paolo II che l’Arcivescovo di tutta la Grecia Cristodulos, dichiararono la loro angoscia per le continue guerre, i massacri, il terrorismo. Entrambi avevano espresso il loro impegno a favore della pace, del rispetto della vita, della dignità dell’uomo, della solidarietà e avevano aggiunto la loro voce a quelle che si levavano dal mondo intero per ottenere il rispetto dell’ekecheiria in occasione dei XXVIII Giochi Olimpici estivi di Atene 2004.

La pace olimpica ai Giochi estivi di Atene 2004 venne onorata, nonostante le polemiche per l’arbitraggio a favore degli atleti greci.

Oggi, nonostante la tensione politica in atto, a Losanna il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) ha raggiunto l’accordo consentendo lo svolgimento dei XIII Giochi Olimpici invernali che si stanno ora concludendo nella contea di Pyeongchang (Corea del Sud).

Il territorio olimpico è a linee generali quello che ospitò i XII Giochi paralimpici invernali, segno che l’ekecheiria rimane un valore super partes. La tregua olimpica ha consentito alle due Coree di aprire il dialogo, al punto che 12 atlete della Corea del Nord si sono unite alla squadra di hockey del Sud. Altri atleti dei due Paesi hanno gareggiato uniti nello sci e nel pattinaggio.

I valori dei giochi olimpici

Un altro valore olimpico è quello che simbolicamente unisce i popoli del mondo è il lungo viaggio della Fiaccola, il suo passaggio che di mano in mano attraversa le vie, le piazze di ogni dove, senza barriere e senza confini, si snoda sulla via della solidarietà e del rispetto di tutti i cittadini del pianeta. Per conoscere il senso dell’olimpiade, va approfondito lo «Spirito Olimpico» che a tutt’oggi rimane una synphonie «inachevée» (sinfonia incompiuta), per usare le parole del Padre dei Giochi Olimpici: Pierre de Frédy barone de Coubertin, fondatore dei Giochi Olimpici moderni nel 1896.

De Coubertin era uno sportivo, praticava boxe, scherma, canottaggio, ma il suo progetto andava ben oltre la passione, voleva fare dell’olimpismo una filosofia di vita, una «religio athletae», un’educazione ideale per migliorare gli uomini di tutto il pianeta (Frasca 2007). L’intuizione di quest’uomo era stata «vedere oltre» e aver fatto dell’olimpismo un pensiero di pace per ogni tempo perché lo sport e i suoi valori sono profondamente umani, sono «discorsi senza parole» e quindi appartengono all’universale.

Il motto olimpico Citius, Altius, Fortius (più veloce, più alto, più forte), non è dedicato solo agli atleti, ma a tutti i partecipanti, compreso il pubblico presente. Ogni essere umano compete più che per una medaglia, per migliorare la propria vita e quella degli altri, ma lo deve fare nel rispetto delle regole. L’uomo nel suo slancio vitale ha l’esigenza di attingere a mete sempre più alte pertanto il motto olimpico sintetizza l’impegno di scienziati, esploratori, pensatori, insegnanti e sportivi in genere che si adoperano per il progresso umano a favore della pace universale.

Il giuramento

I valori olimpici sono presenti nei Simboli riconosciuti dal Cio e sono i seguenti: la Bandiera olimpica; il Motto olimpico, l’Inno olimpico, la Fiaccola, il Braciere. Un momento caratterizzante i Giochi è il «giuramento» pronunciato sia dagli atleti (uno a nome di tutti) che dai giudici. Questo atto è una parte integrante della celebrazione, il testo fu scritto da De Coubertin e venne pronunciato per la prima volta nel 1920 alle Olimpiadi di Anversa. Nel tempo furono apportate alcune modifiche per renderlo più rispondente ai nuovi contesti dello sport.

Il fuoco in particolare è un elemento che segna l’intera durata dei Giochi, rappresenta la passione per gli ideali dello sport e la gioia espressa da tutti i popoli presenti all’evento. Oltre a questi simboli, ne esistono altri necessari per contraddistinguere ogni singola edizione olimpica: l’emblema o logo della Città ospitante, il poster dell’edizione, la mascotte, la medaglia.

Rispetto e lealtà

Un altro aspetto che dovrebbe caratterizzare ogni atleta olimpico è il «fair play», un comportamento etico e leale riferito sia al rispetto delle regole che al rispetto dell’avversario ed è suscettibile di premio. Il «fair play» non è una teoria, ogni olimpionico nel momento del bisogno è tenuto ad aiutare gli altri atleti anche se si tratta dei suoi rivali e in caso di necessità mette a rischio la sua vittoria per una causa più nobile. Un esempio recente risale ai XXXI Giochi Olimpici estivi di Rio de Janeiro. Il 16 agosto 2016 sulla pista di atletica, durante le batterie dei 5.000 metri femminili: verso fine gara la neozelandese Nikki Hamblin e poi l’americana Abbey D’Agostino cadono in seguito ad una brusca frenata del gruppo. Il ginocchio della seconda compie una brutta torsione, ma nonostante il dolore si gira e va ad aiutare l’avversaria a rialzarsi. La giuria ha riammesso entrambe le atlete.

Oggi ciò che rimane rispetto ai Giochi olimpici classici è la formazione umana che insegnava agli atleti a dare il meglio di se stessi. Le Olimpiadi antiche erano necessarie anche per la messa in pratica dell’ekecheiria rispetto alle continue guerre e questo oggi come ieri contribuisce a costruire il dialogo e alla pace fra popoli.

Renata FRECCERO

Già docente di Storia dell’Educazione Fisica e dello Sport

Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi – Unito

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