Messa di Natale per il mondo universitario l’omelia del Vescovo
Numerosa come da tradizione la partecipazione alla Messa di Natale per il mondo universitario del 12 dicembre scorso presieduta dal Vescovo mons. Cesare Nosiglia.
Pubblichiamo qui di seguito integralmente la sua Omelia:
«Consolate, consolate il mio popolo»… sono le parole che Dio rivolge a Israele attraverso il profeta Isaia e che abbiamo ascoltato nella prima lettura (Is 40,1-11). Dio ama il suo popolo e lo vuole salvare a tutti i costi, per cui è pronto a farsi carico direttamente della sua sorte, come un pastore che ha cura del proprio gregge, che difende e protegge da ogni pericolo. Così dice anche Gesù, quando si proclama buon pastore che raduna le sue pecore disperse e va alla ricerca di quella smarrita, per riportarla all’ovile e al sicuro (cfr. Mt 18,12-14).
Questa preoccupazione del Signore di non abbandonare nessuno alla sua sorte, andando a cercarlo là dove si è disperso, la vediamo realizzata in tutto il suo ministero. Gesù non ha mai scartato nessuno: né uomo né donna, né adulto o giovane o bambino, né malato o sano, né ricco o povero, né giusto o peccatore, né ladro o prostituita, né strozzino o osservante della legge di Dio, né conterraneo o straniero, né credente o pagano, né schiavo o libero. Ha amato e perdonano perfino i suoi avversari e nemici. Per questo, san Paolo dirà che in Cristo non c’è più uomo o donna, schiavo o libero, romano, giudeo o greco… ma siamo tutti uno in lui, il nostro Salvatore (cfr. Gal 3,28).
Cristo ha però avuto persone che ha privilegiato, chiamandole “beati”: i poveri; coloro che piangono qualche malattia o la morte di persone care; i miti e misericordiosi; gli operatori di pace e i perseguitati a causa della giustizia; i puri di cuore… Questi sono coloro che erano scartati dai sacerdoti e dai farisei del suo tempo, i quali li disprezzavano e condannavano, come pure facevano con i pubblicani, le prostitute e gli strozzini ed esattori delle tasse…
Questo comportamento di Gesù è straordinario? No. E non lo è nemmeno per chi crede in lui, tanto che san Paolo ha scritto: «Siate miei imitatori» (cfr. 1Cor 11,1). Dunque, imitare Cristo non è solo possibile, ma è doveroso per chi crede in lui. Per un discepolo di Gesù, nessuno, perfino chi gli fa del male, è considerato un nemico da combattere, ma una persona che, pur sbagliando, va perdonata e amata. Così, si dà vita alla vera civiltà dell’amore, che costruisce ponti per unire e non muri per difendersi. Il messaggio della liturgia di oggi va perciò controcorrente al sentire di tanti, che pure si dicono cristiani, ma in realtà seguono una religione fatta a misura loro e del loro pensiero, non certo di quanto ha insegnato Cristo e ribadisce sempre la Chiesa.
Avvicinandoci al Natale, festa di semplicità e umiltà del Figlio di Dio e fratello universale di ogni uomo, rinnoviamo nei nostri cuori la fede in quel Bambino divino che, grazie alla sua povertà e piccolezza, continua ad affascinare il mondo e a proclamare che egli non è venuto per essere servito, ma per servire. La sua via è la più efficace e porta la pace sulla terra, come hanno cantano gli angeli: «Pace in terra agli uomini che Dio ama» (cfr. Lc 2,14) – o di buona volontà, come diciamo correntemente.
La vita universitaria
Cari amici, desidero ora rivolgere un pensiero al vostro impegno di studio e di ricerca che svolgete all’università, come docenti e come studenti, come rettori e come responsabili dei vari settori. Le università sono luoghi privilegiati di elaborazione culturale e di ricerca, ma anche di esemplarità, per orientare su un cammino di progresso, che non si appiattisca solo al livello delle questioni economiche e dia forza al consolidamento e alla crescita intellettuale e morale delle persone e delle comunità. La Chiesa ha sempre sviluppato un dialogo sereno e costruttivo con il mondo universitario e in questi ultimi decenni, grazie anche alla forte spinta ricevuta da san Giovanni Paolo II, si è impegnata con risorse di personale e di mezzi per una presenza attiva e qualificata dentro le università. Anche la nostra Diocesi ha attivato in questi anni un’azione pastorale e culturale appropriata, che riguarda sia i docenti che gli studenti delle università e del Politecnico. Inoltre, il raccordo tra università e comunità cristiane locali si è esteso in modo da favorire una maggiore collaborazione tra le due realtà, attraverso l’apporto congiunto dei giovani e dei docenti cristiani. Anche i vari protocolli d’intesa che si sono attivati tra diocesi, università, Politecnico e istituzioni sono un segnale positivo – e mi auguro fecondo di frutti per tutti, in particolare proprio per voi studenti.
La vita universitaria è un tempo privilegiato di intelligenza della fede, di una fede che sa dialogare con tutti e generare cultura. Per questo, è anche luogo di vera testimonianza del credente, che esige solide motivazioni e forti contenuti, per rendere ragione della speranza in Cristo che è nel suo cuore. Il fine della pastorale universitaria è comunque quello di elaborare un nuovo umanesimo integrale, con quella centratura personalistica ed umanistica propria della cultura cristiana. L’importante è che questa pastorale non sia isolata, ma si integri in quella più vasta della comunità cristiana locale, verso e con i giovani nelle parrocchie, nei movimenti e nei gruppi. La pastorale della cultura, pertanto, è decisiva nella Chiesa di oggi e come tale trova nella pastorale universitaria un suo punto di forza e di sviluppo.
La formazione è un fatto connaturale per chi studia, perché vi è immerso; ma in campo religioso e spirituale rischia di non essere considerata possibile dentro l’università stessa e si demanda ai gruppi e alle parrocchie. Questo aspetto della formazione è invece un’esigenza sentita da voi giovani studenti, in quanto abilita ad un confronto a partire dal luogo stesso del vostro studio e con un contatto diretto alle fonti del sapere, sia in chiave scientifica che umanistica, sia biblica che spirituale. Perciò vi sollecito a formarvi una coscienza ed una mentalità dialettica, capace di riferimenti pluralistici, spesso contradditori con la visione cristiana dell’uomo, della storia, della scienza, della ragione, ma non per questo estranei alla ricerca razionale e religiosa del credente. Per cui, è necessario che la vostra formazione umana e cristiana si radichi nel concreto del vissuto universitario, oltre ad usufruire di altri luoghi educativi anche diversi. È dentro l’università che voi, giovani, potete e dovete trovare spazi ed occasioni di crescita anche nella fede e nel rapporto fede-cultura e fede-vita, che qualificheranno un domani la vostra professione.
Il ruolo della comunità cristiane
È ovvio, anche se non mi pare scontato, che le parrocchie e i movimenti o gruppi tengano conto della specificità del giovane universitario, per il quale è decisivo trovare nelle rispettive comunità quelle occasioni per approfondire i suoi problemi e le sfide che deve affrontare in università, per rendere ragione della speranza e per affrontare con coraggio intellettuale gli snodi propri del rapporto e confronto tra fede, ragione e cultura, fede scienza e ricerca.
Si tratta di attivare, pertanto, percorsi di formazione e di incontro tra voi, giovani universitari, che siano ricchi di riferimenti alle discipline che state studiando, in modo da superare quella dicotomia che spesso prevale nell’animo dei giovani: in università non ci si può formare una mentalità ed una prassi cristiana, come in un movimento o in parrocchia; negli ambienti cattolici non si affrontano tematiche legate al mondo del sapere. Si tratta certo di realtà differenti, ma accomunate dall’intento di formazione: devono entrambe offrire modalità specifiche di cura di se stessi sul piano intellettuale, morale e spirituale. Il dialogo, poi, tra gli educatori dell’una e dell’altra realtà dovrebbe agevolare l’intesa tra i distinti cammini di formazione svolti in università e nelle realtà ecclesiali. Inoltre, mi auguro che crescano, anche nelle parrocchie, gli spazi da offrire ai giovani universitari per lo studio e la ricerca.
In università, oggi, è ormai sempre più necessario tenere conto del fatto che molti giovani non sono più credenti o praticanti, oppure che appartengono ad altre confessioni cristiane o a religioni differenti. Per cui, sarà interessante sperimentare forme e modalità nuove per superare le difficoltà che ne nascono ed imboccare vie di dialogo e di confronto aperto alla ricerca della verità, con l’impegno di tutti ad edificare un ambiente pluralista, interculturale e interreligioso, che diventi un modello di quel mondo che vogliamo costruire oggi nel nostro Paese. Pertanto, vi invito a promuovere occasioni di incontro e di dialogo tra studenti di varie culture e religioni, su tematiche di comune interesse umanistico e culturale. Anche sul piano del volontariato, attivato con il progetto “Servire con lode”, diamo spazi di comune impegno che possono aiutare tutti a sentirsi utili e ricchi di quel servizio che rende gioioso il cuore e apre a valori etici, civili e religiosi di grande efficacia per la formazione della propria personalità.
Auguro infine a voi e ai vostri cari di poter vivere queste prossime feste natalizie come un tempo di sereno incontro familiare e amicale, riscoprendo quanto siano arricchenti e facciano gustare la vera gioia, lo stare insieme per vivere momenti di relazione meno veloci e superficiali, più prolungati e ricchi di unione dei cuori.
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